MANIA SUSHI IN SARDEGNA: ECCO LE 10 COSE CHE UN APPASSIONATO DI SUSHI DEVE SAPERE
In Sardegna è ormai sushi mania, soprattutto a Cagliari, dove i locali che preparano e servono questo tipo di alimento negli ultimi anni si sono moltiplicati, vista anche la forte richiesta. Mangiare sushi è diventata ormai quasi una moda…ma siete certi di conoscere bene il sushi? Il sito internet Wired.it ha pubblicato un articolo sulle 10 cose che un appassionato di sushi deve sapere. Visto che in Sardegna gli appassionati sono tanti, noi ve le proponiamo qui di seguito.
Ecco le dieci cose che ogni appassionato di sushi dovrebbe conoscere.
1. Il sushi non è giapponese
Come molti dei simboli culturali del Giappone, come la scrittura, il buddhismo Zen e i bonsai, il sushi è stato importato dalla Cina, dove già nel quarto secolo si usava abbinare al pesce il riso, per permetterne la conservazione tramite la fermentazione. Ma il sushi moderno, nella forma classica del nighiri, nasce effettivamente nel 1800 tra le bancarelle di Tōkyō.
2. Il wasabi non-wasabi
Il wasabi che spesso ci rifilano nei ristoranti giapponesi occidentali non è wasabi, ma è un fac simile: quella che in giappone chiamano western wasabi, un’imitazione composta da radice di rafano e colorante verde. Questo perchè l’hon wasabi, quello originale, viene prodotto con una rara piantina difficile da coltivare (e quindi costosa), la Wasabia Japonica. L’hon wasabi si può riconoscere perchè spesso la radice viene grattuggiata al momento, ed il gusto – seppur comunque fortissimo – è più profumato e meno bruciante.
Altra dritta: l’uso corretto del wasabi è quello di associarlo direttamente al sashimi, non quello di aggiungerlo alla salsa di soia.
3. Un altro oggetto non ben identificato: lo zenzero
Lo zenzero sottaceto – o gari in Giappone – spesso viene confuso con una semplice decorazione, e le sue reali funzioni sono oggetto delle teorie più disparate. La realtà è che lo zenzero serve per pulirsi la bocca quando si cambia tipologia di pesce. L’alta scuola del sushi, tra l’altro, prevede che questo cambio vada fatto in un preciso ordine: i vari tipi di pesce devono essere consumati dal più delicato al più deciso.
4. Per chiudere il trittico dei condimenti: la salsa di soia
Secondo la tradizione, la salsa di soia era fatta con tre ingredienti semplicissimi – semi di soia, sale e acqua – fermentati per mesi con muffe particolari. Oggi la salsa di soia è spesso prodotta in pochi giorni con soia idrolizzata. Ma andrebbe abbinata al sushi? Si, a patto che non venga messa sul lato del riso, ma su quello del pesce, per evitare che il gusto di quest’ultimo venga soffocato.
5. Il salmone è il tuo preferito? In Giappone non lo troverai
Ebbene si, il salmone – uno dei pesci più usati nei ristoranti giapponesi occidentali – non è un pesce autoctono, ma viene importato dalla Norvegia. Per questo, se si ha la fortuna di mangiare in uno dei ristoranti di fascia alta di Tōkyō, il salmone sarà impossibile da trovare, perché viene servito solo pesce fresco locale.
6. Il tonno non è tutto uguale
Vi sarete accorti che il tonno del vostro nighiri non è sempre identico. Con le varie parti del tonno, si possono infatti ricavare tre principali (e molto diversi) tipi di sashimi: l’akami, il più magro, scuro ed economico; il chutoro, più chiaro, mediamente costoso e grasso: infine l’otoro, extra grasso, rosa, dolce e particolarmente costoso. Questa parte del tonno serve a proteggerlo dal freddo dell’oceano, oltre che ad alzare il vostro conto a fine cena.
7. Indecisi sull’ordinazione? Omakase!
Lo chef parla solo giapponese? Vi piacerebbe provare un po’ di tutto ma non sapete cosa ordinare? Se opterete per l’omakase – letteralmente “mi fido di te” – lo chef deciderà per voi un percorso culinario, che tradizionalmente si divide in tre movimenti:
Nel primo si parte con i pesci dal gusto più delicato, come la platessa, la seppia o lo sgombro cavallo, per poi passare a gusti più intensi, come lo stallo di tonno, la ventresca di tonno e l’aringa. Il secondo movimento è un’improvvisazione durante la quale viene proposto il pescato del giorno come, per esempio, la vongola, il polpo o il mazzancolla. Il terzo movimento – il finale tradizionale – include le anguille di mare, lo sgombro, le uova e il riccio di mare.
8. Le bacchette: una semplice soluzione
Se ti ritieni un amante del sushi dovresti essere già abbastanza bravo a destreggiarti con le hashi, le bacchette di legno. Spesso però le cose si fanno più dure, quando per esempio bisogna mangiare un chirashi (un riso misto a pesce e verdure) o quando capita di doversi improvvisare pescatori per recuperare il sushi precipitato nella salsa di soia. Ma non preoccuparti: il sushi, tradizionalmente, va mangiato con le mani. E così si fa ancora nei ristoranti in giappone, anche nei più esclusivi.
9. Quando ordinare la zuppa di miso
La tanto amata zuppa di miso non è un aperitivo: è indicata dopo ilmain course o alla fine del pasto. Ma cos’è il miso? Considerato uno dei segreti della longevità nella tradizione giapponese, è una pasta fatta con semi di soia gialla giapponese (o con altri cereali), dalla consistenza simile a quella del nostro purè, con forte potere digestivo e alcalinizzante.
10. Il polpo perfetto
Un bravo shokunin (o maestro di Sushi) sa che ogni pesce va scelto, tagliato, composto e servito in modo estremamente preciso. C’è un pesce, il polpo, che però richiede un trattamento particolare: un massaggio che può durare anche fino a 45 minuti, degno di una spa. Gli addetti a questa particolare pratica sono solitamente i cuochi più giovani, che in Giappone non possono toccare il cibo durante primi due anni di apprendimento, limitandosi a guardare, pulire e… massaggiare.
(Articolo originale: http://www.wired.it/lifestyle/food/2014/09/22/10-cose-appassionato-sushi-sapere/)
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