LA SARDEGNA POTREBBE ESSERE LA PRIMA REGIONE CON UNA LEGGE SUL SUICIDIO ASSISTITO

LA SARDEGNA POTREBBE ESSERE LA PRIMA REGIONE CON UNA LEGGE SUL SUICIDIO ASSISTITO
In Inghilterra la Camera dei Comuni ha dato l’approvazione iniziale alla legge sul suicidio assistito per i malati terminali con una maggioranza trasversale. In Italia il Parlamento non risponde e se ne lava le mani, lasciando ai tribunali la risoluzione dei problemi che sorgono ogni volta tra le Asl competenti e i malati terminali in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla Consulta per accedere gratuitamente al suicidio medicalmente assistito. Neanche le Regioni rispondono. Tranne la Sardegna.  

Nella nostra Isola, i partiti di maggioranza del consiglio regionale, hanno appunto accolto e trasformato in legge regionale la proposta di iniziativa popolare «Liberi subito» sul suicidio assistito, proposta dall’Associazione Luca Coscioni e depositata in diverse regioni italiane. In Sardegna, il Partito Democratico l’ha fatta propria, presentandola nell’aula consiliare, dove ha avuto il sostegno anche degli altri partiti della maggioranza (Progressisti, del M5s e di Avs). Si tratta di una proposta di legge che era già stata depositata nella precedente consiliatura da 19 consiglieri (che oggi sono in maggioranza). Ora è stata assegnata alle commissioni competenti e potrebbe arrivare in Aula all’inizio del 2025. Se tutto proseguirà senza intoppi, la Sardegna sarà la prima Regione d’Italia a dotarsi di una legge sul suicidio assistito, una legge con procedure e tempi certi per rispondere alle richieste di accesso alla morte assistita (diritto sancito dalla Corte costituzionale con la sentenza Cappato/Dj Fabo del 2019).

L’articolo 1 di questa proposta di legge garantisce ai richiedenti «che il diritto all’erogazione del trattamento sia individuale e inviolabile e che non possa essere limitato, assoggettato a condizioni o altre forme di controllo ulteriori e diverse da quelle previste dalla proposta di legge». L’articolo 2 ribadisce i requisiti richiesti dalla sentenza 242/2019: che il paziente sia affetto da malattia terminale, che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale, che sia capace di intendere e volere, e sottoposto a sofferenze giudicate intollerabili. L’articolo 3 istituisce una Commissione multidisciplinare nelle ASL regionali, i cui membri non ricevono compensi di alcuna natura, deputata a effettuare le verifiche mediche necessarie. Alle strutture sanitarie l’obbligo di garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari alla procedura. Il percorso e i tempi sono normati dall’articolo 4 che prevede 20 giorni complessivi di decorrenza dalla presentazione della domanda, compresi i pareri dei comitati etici territorialmente competenti. Solo il paziente può chiedere di posticipare, interrompere o sospendere la procedura. La gratuità dell’accesso al suicidio medicalmente assistito è assicurata dall’articolo 5, mentre l’articolo 6 precisa che la legge regionale non ha costi aggiuntivi perché la Regione è già tenuta a garantire le prestazioni sanitarie richieste. L’entrata in vigore sta nell’articolo 7.

In alcune regioni, la proposta di legge è stata già discussa, ma sempre bocciata (in Veneto, ad esempio, prun solo voto). La Sardegna, salvo sorprese, potrebbe davvero fare da apripista a livello nazionale, con una legge che finalmente possa dare risposta alle necessità e alla dignità di tanti malati terminali, che ad oggi non possono avere libertà di decidere sulla loro vita.

 

LO STAFF