EDITORIALE. Macomer, Orotelli, Serramanna: tre tragedie figlie della stessa vergogna
In due giorni, due soli giorni, tre persone si sono tolte la vita in Sardegna. La causa di questi gesti è da ricondursi alla profonda crisi economica che ha investito l’Italia e la nostra Isola in una maniera ancora più dura, dovuta al nostro isolamento che non lascia spazio a nuovi sbocchi lavorativi e di sviluppo. Macomer, Orotelli, Serramanna. Carlo, Gonario e Alberto. Tre uomini come tanti: lavoratori, padri di famiglia, mariti. Tutti schiacciati da un peso insopportabile, talmente insostenibile da prevalere su tutto e non lasciare altra via d’uscita se non quella di farla finita.
Non capiremo mai cosa spinge un essere umano ad arrivare ad un gesto così estremo. Quello che sicuramente capiamo è che se questi uomini sono arrivati fino a questo punto la colpa è delle istituzioni, di chi governa e siede al sicuro nella sua poltrona, lontano dalla realtà e dalla crisi. Queste vittime sono sulla coscienza dei politici che continuano a non fare nulla per chi soffre, per coloro che sono schiacciati dai debiti e dalla tasse, ignorano chi è senza un lavoro da mesi e anni, chi un lavoro non l’ha nemmeno mai visto. Le aziende chiudono, imprenditori e operai si ammazzano. Gli “strozzini di Stato”, senza pietà alcuna, come avvoltoi pronti ad azzannare, volano su quel che resta delle imprese sarde (ma non solo).
Dopo un mese e mezzo dalla elezioni l’Italia in ginocchio è ancora senza un governo, la Penisola muore lentamente mentre a Roma sgomitano per occupare scranni e poltrone. In Sardegna va ancora peggio: il problema più grave sembra essere quello di riuscire a trovare uno stadio dove far giocare il Cagliari. Così i giovani scappano via, alla ricerca almeno di una speranza che qui non hanno. Chi resta è sempre più isolato, come tutta l’Isola. Chi cerca di lavorare o dare lavoro viene azzoppato dalle tasse e dalla famigerata Equitalia. Mentre i nostri pseudo-politici già si danno battaglia a colpi di slogan in vista delle prossime regionali. I trasporti (marittimi, aerei, interni) sono sempre peggio, la continuità territoriale non esiste. La disoccupazione è alle stelle. L’agricoltura muore lentamente e in silenzio. Le (poche) fabbriche chiudono e mandano a casa gli operai. Il turismo ormai non ci salva più. Mentre l’unica cosa che potrebbe salvarci, la Zona Franca integrale, appare sempre più solo un’utopia.
Davanti a tutto questo il gesto di Carlo, Gonario e Alberto arriviamo a capirlo un po’ di più.
—
La cosa peggiore? Nessun organismo di stampa italiano ne ha fatto cenno, telegiornali e giornali nazionali snobbano qualsiasi notizia arrivi dalla Sardegna, tranne che le proteste eclatanti che però finiscono nel dimenticatoio o le gesta dei Vip in costa Smeralda. La coscienza dei politici è troppo presa dal salvare le proprie poltrone, il Sud i giovani, i gesti disperati non
toccano la loro non sensibilità. Dove si colloca la Sardegna? Sud, Nord o cosa? E’ forse l’isola che non c’è? La cosa peggiore oltre la crisi? L’indifferenza, della politica, della stampa dell’opinione pubblica tutta. Una regione, una terra, dimenticata che però, nonostante tutto, crede ancora in uno stato che la ignora. La nostra fierezza e cultura serva a tenere duro ed andare avanti, combattere in nome però, stavolta, non della patria ma della propria terra, uscire dal tunnel che dura ormai da troppo tempo. Certo, tanti di noi sono dovuti andare via ma il cuore sostiene chi è rimasto e vuole, crede e spera di poter un giorno veder rifiorire la più bella isola al mondo.
Carmen