Il 2025 al MAN di Nuoro: Isole e Isolitudini

Il 2025 al MAN di Nuoro: Isole e Isolitudini
Dopo un anno di ricerche dedicate al rapporto fra uomo e mondo naturale, alla luce delle rapide metamorfosi cui è sottoposto il pianeta in epoca di drammi climatici e ambientali, il MAN presenta per l’anno 2025 un nuovo macro-tema che raccoglie l’eredità della stagione precedente circoscrivendo la riflessione al perimetro dell’isola nella sua valenza geografica, ma intesa anche come dispositivo semantico, quale fonte di narrazioni, cosmologie, idealità e utopie. Libera dal concetto limitativo d’insularità e distante da ogni georeferenziazione, la prospettiva offerta dal filtro dell’arte si apre a un arcipelago di connessioni che, partendo dal territorio, dallo spazio fisico dell’isola, ne fanno un crocevia di portati esterni, grande metafora di temi universali, ne intrecciano l’identità, la memoria storica e, insieme, l’attualità di circostanze che la eleggono a osservatorio del presente, specola privilegiata per avvistare mutamenti, percepirli e rappresentarli.

Mostre in corso fino al 9 marzo 2024

Essenze Naturali

Per la fine di un anno dedicato a ripensare la natura in una modalità di convivenza e nuove pratiche virtuose, il MAN ospita tre mostre personali con protagonisti di primo piano dell’arte contemporanea italiana e internazionale, sensibili al tema corrente dell’ecologia e del nostro abitare il pianeta. Christiane Löhr, Una Szeemann, Alessandro Biggio sono al centro di tre diversi percorsi inediti, dove si riflette sull’arte che custodisce, conserva, testimonia e re-immagina la terra

21 marzo – 15 giugno 2025

GIOVANNI PINTORI (1912–1999) Pubblicità come arte

a cura di Chiara Gatti e Nicoletta Osanna Cavadini, coordinamento di Rita Moro

MAN Museo, Nuoro e m.a.x. museo, Chiasso_progetto integrato

L’esposizione su Giovanni Pintori, maestro del “graphic design” mondiale, mira a valorizzare la figura dell’autore sardo in una prospettiva internazionale. Il MAN, in collaborazione con il m.a.x. museo di Chiasso, ne indaga l’opera attraverso una sorta di “racconto grafico”, evidenziandone la modernità progettuale e le scelte creative. Luce, colore, composizione e invenzione costituiscono i suoi ambiti di ricerca principali, che conducono la sua grafica “alla ribalta come unicum metaforico della comunicazione”, detto con le parole di Paul Rand. La mostra al MAN ripercorre l’iter personale e professionale dell’artista, mostrando il processo ideativo dal quale sono scaturiti i progetti della sua notevole carriera, che va dalla creazione di manifesti e locandine, alla corporate identity e ai logotipi per le imprese. Le sue immagini hanno dato vita al leggendario “stile Olivetti”, il suo design e la sua comunicazione hanno fatto il giro del mondo comparendo in testate blasonate come Fortune (USA, 1953, 1957), Graphic Design (Giappone, 1967), Horizon (USA, 1969). Nel 1962, Pintori ottiene un prestigioso riconoscimento internazionale: il Typographic Excellence Award del Type Directors Club di New York, seguito, nel 1964, dal Certificate of Merit dell’Art Directors Club di New York. Nel 1966 gli viene dedicata una grande mostra personale a Tokyo. In mostra sono esposti, organizzati con un criterio tematico–cronologico, oltre centocinquanta pezzi fra schizzi, bozzetti, disegni acquerellati, carte intestate, manifesti, pubblicazioni varie.

 Project Room

Gregorio Botta. Il silenzio è così accurato

a cura di Elisabetta Masala con un testo di Davide Ferri

In principio era la luce. Ma anche l’acqua e il fuoco, la cera e il piombo levigati dal tempo e dagli eventi atmosferici. Nell’opera dell’artista napoletano (classe 1953), l’energia arcaica degli elementi dialoga con iconografie classiche, con i temi del sacro e dell’invisibile. Per il MAN, Botta elabora un progetto site-specific che, partendo dalla sua ricerca sull’equilibrio e sul silenzio, distilla nello spazio presenze astratte, giochi di riflessioni, rumori di pioggia e un omaggio alla Sardegna affidato alla sapienza di mani abili nel modellare il pane come fosse scultura.

4 Luglio – 9 Novembre 2025

ISOLE E IDOLI

da un progetto di Chiara Gatti e Stefano Giuliani, coordinamento di Rita Moro con la collaborazione di Direzione Regionale Musei Sardegna

in collaborazione con Francesco Paolo Campione del Museo delle Culture di Lugano e Matteo Meschiari dell’Università degli Studi di Palermo in collaborazione con il Museo dei Menhir di Laconi e con la Fundació Miró Mallorca

La storia dell’arcipelago quale luogo di culto per antiche popolazioni nomadi, regno per l’ascesi e il misticismo, e santuario vegetale, viene qui sottoposta a un cambio di paradigma, a un affondo nel paesaggio che implica, complice il mutamento impresso dall’idolo alla terra, la creazione di un paesaggio parallelo, la proiezione spirituale di una apparenza effimera. L’isola, non come approdo, ma come luogo della reificazione del divino, è culla e insieme porta d’accesso per l’altrove, è passaggio e mai destinazione finale. Un gioco virtuoso di riferimenti incrociati vedrà dialogare dipinti e sculture di fine Ottocento e primo Novecento con i manufatti arcaici che ne ispirarono la solennità iconica e la sintesi formale. Le sculture lignee di Gauguin, i feticci cosmici di Miró, la materia concentrata nel nucleo dei monoliti di Arp, incontreranno idealmente i loro antenati, i bronzetti nuragici e le sculture cicladiche, i reperti ciprioti e le dee madri di origine mediterranea che in Sardegna ebbero uno sviluppo particolare nel corso del neolitico e dell’età del rame. Il progetto gode della partecipazione straordinaria della Fundació Miró di Palma di Maiorca e conta prestiti straordinari dal Louvre di Parigi, dalla Galleria Nazionale di Praga e dal Pierides Museum – Bank of Cyprus Cultural Foundation.

ISOLE MINORI. Note sul visivo dal 1980 ad oggi (working title)

a cura di Walter Guadagnini e Giangavino Pazzola, coordinamento di Elisabetta Masala

Fino agli anni Ottanta, la rappresentazione fotografica della Sardegna emersa dai reportage e dalla produzione documentaristica ha descritto l’isola come “un mondo a parte”, evidenziando principalmente le condizioni socioculturali, politiche ed economiche delle aree interne che hanno impattato sui processi di costruzione dell’immaginario sardo. Dalle esperienze dei fotografi Magnum, Bruno Barbey e Henri Cartier Bresson, così come quelle di Lisetta Carmi, Gianni Berengo Gardin, Tano D’Amico e altri ancora, emergono narrazioni di matrice neorealista che giocano con le idee di isolamento, povertà e scarso sviluppo.

A partire dal decennio successivo è possibile registrare, tuttavia, esperienze che problematizzano il fattore ambientale e l’insularità. Lo sguardo dei fotografi non si rivolge solo più verso l’interno dell’isola, ma guarda sempre più spesso verso le coste e il mare. Nascono così indagini sul significato di questo limite, sulla linea di confine che diventa soglia, relazione e la dimensione metafisica che agevola una nuova partenza – sia essa fisica o mentale. La fotografia dell’epoca descrive l’isola non più come un approdo, ma come un punto di contatto. La selezione dei lavori inclusi in questa mostra parte dunque da tale periodo, da quando cioè la specificità del paesaggio sardo verrà descritto in ricerche a largo spettro che lo metteranno in relazione con altre realtà territoriali che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.

Project Room

Leonardo Boscani. Il Nero di Suni e la Flotta culturale, frutto di un progetto integrato fra Accademia di Belle Arti “Mario Sironi” di Sassari, MAN di Nuoro, Unione di Comuni della Planargia, Associazione “Cosinzu de Isciareu” di Flussio, Associazione Marco Magnani ed Ecomuseo del mare e dell’acqua di Sassari.

La realizzazione di una flotta culturale che come elemento caratterizzante il mare, confine naturale dell’isola. Durante questa fase sarà utilizzata a barca a vela come mezzo di trasferimento e osservazione da un sito di approdo all’altro. La visione delle coste dell’isola dal mare unirà sguardo naturalistico, scientifico e ambientale. Nella seconda fase si avrà come elemento la terra attraverso il passaggio nell’hinterland con l’utilizzo di mezzi di trasporto elettrici a basso impatto, percorsi a piedi, in bici e tragitti a cavallo. Lambendo le zone costiere e spingendosi all’interno di luoghi meno conosciuti, insistendo su un territorio solo parzialmente urbanizzato e a forte rischio di spopolamento. La terza fase, identificata nella pietra, sarà il momento della restituzione alle comunità. Mediante i linguaggi delle arti e delle scienze si svilupperanno interpretazioni e reinterpretazioni delle realtà incontrate e coinvolte nel processo creativo elaborando nuove visioni condivise.

Project Room

Ilaria Turba. I pani del desiderio. Da Marsiglia alla Sardegna.

Settembre-ottobre

a cura di Elisabetta Masala

I pani del desiderio sono pani rituali a forma dei desideri delle persone che li hanno realizzati collettivamente. Ogni pane è la materializzazione di un desiderio, una storia, un immaginario, ma anche più in generale il simbolo di una cultura antica mediterranea che attorno al pane ha costruito una fitta rete di relazioni e una comunità.

La Sardegna è tra i luoghi del mediterraneo dove sono presenti tra le più numerose, ricche e vive tradizioni di pani rituali. Per l’artista il dialogo con questo territorio è fondamentale tanto da essere stato scelto come tappa conclusiva del viaggio in Italia. Qui l’artista, come in altre tappe del viaggio, proporrà alla comunità che lo abita un atelier del pane e coinvolgerà gli abitanti per accompagnarla in una performance dove brucerà tutti i pani del desiderio (un centinaio), realizzati lungo gli anni, in un rito/performance augurale di trasformazione. Un momento collettivo legato al fuoco, che tocca la dimensione magica e arcaica dei rituali di passaggio capaci di ricollegarci fortemente con i cicli della vita e della natura.

Curare il museo. Un museo da curare.

Laboratorio di restauro a cuore aperto

Ottobre-novembre

a cura di Rita Moro con la partecipazione di Giuliana Fenu

Il MAN propone una campagna di restauro delle proprie collezione e delle opere che richiedono interventi più urgenti. Dieci pezzi, fra dipinti, disegni e sculture, saranno al centro di un intervento che prevede la realizzazione di un laboratorio aperto al pubblico, allestito nella project room del piano terra, al fine di coinvolgere i visitatori, sensibilizzarli nei confronti della cura del patrimonio, avvicinarli alle tecniche di intervento e mostrare le azioni “invisibili” che di norma si svolgono nel backstage del museo stesso. L’attività verrà promossa su tutti i canali di comunicazione del museo, al fine di rendere noto l’impegno del MAN per la tutela delle raccolte, attivando altresì collaborazioni virtuose con le scuole d’arte e le università, complice un programma di approfondimento, incontro coi restauratori e restituzione dei risultati ottenuti.

22 Novembre 2025 – Febbraio 2026

Ballero e Pellizza. Il palpito della terra (working title)

a cura di Chiara Gatti, coordinamento di Rita Moro

Una amicizia, un lungo carteggio, una vocazione condivisa. Per il paesaggio, per la pittura, per la trascrizione dei moti della terra in palpiti di colore. Il progetto mira a ricostruire il lascito ideale che Giuseppe Pellizza da Volpedo, padre nobile del divisionismo italiano, consegnò ad Antonio Ballero, il grande artista sardo che, a cavallo fra tradizione e modernità, traghettò una pittura intrisa ancora di istanze del romanticismo e di realismo pulsante verso i modi sperimentali del divisionismo italiano, stringendo un legame profondo con Pellizza, interrotto solo dalla morte di quest’ultimo. I colori vibranti e sfrangiati, il tema del paesaggio, lo spirito di verità e di osservazione dell’esistenza che scorre, avvicina due giganti in un percorso che si arricchisce di altri testimoni e interpreti del tempo e di questa transizione, da Giovanni Segantini a Umberto Boccioni e Mario Sironi, di cui il MAN esporrà l’opera divisionista La madre che cuce, capolavoro delle sue collezioni.

Autunno – Inverno 2025

Alfredo Casali. Isolitudine

a cura di Massimo Ferrari ed Elisabetta Masala

Esponente di una ricerca contemporanea votata al linguaggio stesso della pittura, Casali presenta al MAN una antologica che ripercorre le tappe della sua riflessione, dagli esordi legati agli anni dell’astrattismo lirico di Novelli o Twombly, della poesia visiva e di una figurazione venata di attesa, memore della lezione storica di Morandi, fino agli esiti più recenti, minimalisti e geometrici, concentrati sulla sintesi di elementi, sul valore espressivo del segno, su forma e materia. Forte di una formazione filosofica, maturata nelle aule di Luciano Anceschi, Casali opera in bilico fra narrazione e concettuale, memoria e pensiero. Elementi archetipici ricorrenti all’interno di veri e propri cicli tematici, quali la casa, il paesaggio, gli alberi, le nuvole, i tavoli, le lavagne, fino alla figura, sono riferimenti costanti di una poetica rarefatta ed essenziale che conta un omaggio alla Sardegna, ai suoi spazio e ai suoi confini.

Franco Pinna. De Sardigna. Fotografie 1953-1967

coordinamento di Alessandro Moni

Alla ricerca di una madre lontana, da conoscere e riconquistare, seguendo le tracce di riti, costumi e rimanenze della storia in cui avvertire la diversità costitutiva della cultura isolana, coltivando il mito virile della civiltà pastorale barbaricina, e osservando con rispetto donne pazienti nel ricoprire il loro ruolo sociale e lavoratori in costante confronto con una natura fascinosa, ma non sempre prodiga: ecco la Sardegna di Franco Pinna. Per formazione, abitudini, mentalità, non c’è dubbio che Pinna sia considerato un romano. La sua nascita a La Maddalena e la permanenza Sassari durante l’infanzia erano state determinate dai frequenti trasferimenti di lavoro del padre, sardo effettivo, ufficiale dell’esercito. È a Roma, dove arriva nel 1935 dopo aver soggiornato a Tortona e Anzio, che Pinna cresce, studia, si fa uomo, combatte, ama, diventa attivista politico, inizia a fare il fotografo, conosce i più importanti successi professionali, forma una famiglia. Sebbene la vita potesse invogliarlo a credere altrimenti, Pinna si è sentito profondamente sardo. Particolarmente negli anni Cinquanta e Sessanta, ha avvertito l’ostinata necessità di recuperare un rapporto con la propria terra natìa che le sue vicende biografiche avevano ridotto a poca cosa, relegandolo nell’evanescente sfera dei ricordi infantili.

Project Room

Paolo Cavinato. Isole e percorsi

Si tratta di un “trapasso”, di un attraversamento in uno spazio sinestetico, fatto di luci e suoni, di atmosfere che si modificano all’avanzare del fruitore nello spazio/tempo. Il visitatore entra in una sorta di corridoio, di spazio Altro. Dapprima vede la propria immagine riflessa su una superficie specchiante, una sorta di soglia. Questa immagine svanisce lentamente lasciando affiorare oltre, una stanza luminosa infinita (giocata tra specchi) percorsa da riflessi d’acqua, onde e cerchi fluidi, giochi di luce, come se si stesse attraversando una soluzione liquida o l’interno di un acquario. Dopo qualche secondo, anche la stanza svanisce lentamente lasciando emergere sempre più in là un corridoio/varco infinito. Durante le varie metamorfosi, il suono accompagna e dilata le dissoluzioni e le apparizioni, prima del sé, poi degli spazi interni vuoti, mettendo in relazione la propria immagine con qualcosa di impalpabile, che vive oltre.

PUBLIC PROGRAM

Corso di arte contemporanea per adulti. Terza edizione. A partire dal mese di marzo.

BIBLIOMANIA – Piccolo festival dei libri d’autore al museo. Terza edizione. A partire dal mese di maggio.

OPEN CALL. Ritorno a Monte Verità. Residenza per giovani artisti sardi extra moenia. In collaborazione con Fondazione Monte Verità di Ascona. A partire dal mese di maggio.

Conferenze fra passato e presente. In collaborazione con il Museo Archeologico Asproni di Nuoro. Terza edizione. Estate 2025

Workshop di fotografia in carrozza, lungo la linea ferroviaria Nuoro-Macomer. Autunno 2025.

LO STAFF