INCREDIBILE: ECCO GLI SCIENZIATI SARDI CHE VOGLIONO MANDARE L’UOMO SU MARTE

Gli scienziati sardi che vogliono mandarci su Marte

Cupole geodetiche capaci di mantenere le condizioni necessarie alla nostra vita e alla coltivazione. Ecco in cosa consiste il progetto Cosmic 

Una grande cupola su Marte. Non è la scenografia di un film di fantascienza, ma il progetto concreto brevettato da un gruppo di ricercatori dell’università di Cagliari, guidato da Giacomo Cao, ordinario di Principi di ingegneria chimica e coordinatore del progetto Cosmic, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana.

L’obiettivo, ora scientificamente raggiungibile, è quello di produrre cibo, acqua e ossigeno sfruttando elementi presenti sul Pianeta rosso, rendendo possibile una missione di ampia durata. Gli ingredienti sono tutti specificati nel brevetto PCT/IB2012/053754, registrato in Unione Europea, Stati Uniti, Cina, Russia, India e Giappone.

Una cupola geodetica che mantenga le condizioni necessarie per consentire la coltivazione e la presenza di esseri umani al suo interno, con un’atmosfera respirabile e una temperatura di minimo 10 gradi centigradi garantita dall’energia raccolta daipannelli solari sistemati all’esterno, una escavatrice, macchinari per mantenere stabile il calore e l’umidità, tubature per convogliare l’acqua estratta dal suolo. Uno scenario avveniristico? Neanche troppo. Perché Marte dista sei mesi dalla Terra, ma una missione umana potrebbe non essere poi così lontana, come ha spiegato Cao a Wired.

In cosa consiste la vostra invenzione?

“Si tratta di un processo che si sviluppa in due sezioni, una chimico-fisica e una biologica, che consentono di estrarre dal suolo marziano e dall’atmosfera del pianeta sostanze che rendano possibile la coltivazione. Inoltre abbiamo proposto delle tecnologie che prevedono la crescita di micro-alghe da utilizzare come materiale edibile e anche per altri obiettivi.”

E per l’acqua e l’ossigeno?

“L’acqua si può produrre in loco e in parte si può estrarre. L’ossigeno si può ottenere dall’anidride carbonica attraverso il lavoro di micro-organismi monocellulari, e riciclato attraverso sistemi già brevettati e utilizzati nelle Stazioni spaziali.”

Che funzione ha la cupola? Di quali materiali è fatta?

“Serve a proteggere attrezzature e astronauti dalle radiazioni solari. Sarebbe costruita di elementi strutturali di forma e dimensione diversa incastrati tra loro, fatti con materiali reperibili in loco come l’ossido di ferro, presente in grande quantità nella regolite marziana.”

Quali sono le caratteristiche dell’atmosfera e del suolo marziani?

“La risorsa più presente nell’atmosfera di Marte è l’anidride carbonica, che consente per esempio di essere metabolizzata da organismi monocellulari con conseguente produzione di ossigeno e incremento di biomassa anche edibile. Nel suolo sono contenute tante sostanze che riteniamo di poter estrarre e utilizzare in questa linea di produzione di composti azotati idonei alla fertilizzazione del suolo a scopo alimentare.”

Quali prodotti potrebbero essere coltivati su Marte?

“Pensiamo che si possano coltivare specie alimentari di vario genere. Sicuramente alghe, ma anche altri vegetali. Ci sono già stati studi sulle possibili colture in ambienti estremi, c’è un’ampia letteratura al riguardo.”

È previsto anche il montaggio sul pianeta di pannelli solari? 

“Sì, una delle possibili fonti energetiche prese in considerazione dal brevetto è proprio il fotovoltaico, e non sono pannelli poi molto dissimili da quelli utilizzati sulla Terra.”

Chi può occuparsi della fabbricazione di questi strumenti?

“Siamo a stretto contatto con la Thales Alenia, un’azienda italo-francese che è tra i leader nella produzione di strutture e componentistica per lo Spazio. Abbiamo già avuto modo di approfondire con loro alcuni aspetti brevettuali.”

Tutto questo a quali scenari può portare?

“Con il bando di concorso battezzato Mars 2020 la Nasa vuole spedire una sonda su Marte a giugno del 2020. È il preludio a una missione umana, ed è qui che si inserisce il nostro brevetto, con tecnologie che permetterebbero di costruire una vera e propria base per la permanenza a lungo termine sul Pianeta Rosso.”

Quando potrebbe arrivare il momento del primo uomo su Marte?

“Si parla del 2030. Poi, certo, magari potrebbe slittare di qualche anno, diventare 2035, ma l’orizzonte temporale è quello.”

È possibile ipotizzare una futura colonizzazione di Marte?

“Già portare un equipaggio umano sul Pianeta Rosso sarebbe un grande traguardo, e probabilmente ci vorrebbe un po’ di tempo per andare oltre. Ma il tema della colonizzazione dello spazio è certamente al centro dell’interesse delle grandi agenzie spaziali del mondo. Ci sono già progetti per la Luna, che è molto più vicina e richiede un viaggio di tre giorni per arrivarci, e dove nei prossimi anni è previsto l’atterraggio di diversi lander. L’ipotesi è quella di estrarre dal satellite sostanze minerarie che sarebbero preziose sulla Terra.”

L’Europa come si pone nella corsa allo Spazio?

“Forse non è attiva come dovrebbe esserlo. Io penso che sia importante continuare sulla strada della costruzione e del lancio dei satelliti, dove l’Europa è ai primi posti. Ma nell’esplorazione dello Spazio, ancora non è in prima fila, nonostante sugli aspetti propulsivi dei lander la Germania sia in grado di dare dei punti a molti. Il problema riguarda soprattutto le tecnologie da sfruttare una volta arrivati a destinazione.”

Per esempio?

“Noi oltre al brevetto di cui stiamo parlando, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana, ne abbiamo un altro, che la stampa ha ribattezzato come la tecnologia per costruire dei mattoncini sulla Luna e su Marte. Quando abbiamo sviluppato questa tecnologia, il gruppo delle 14 agenzie spaziali mondiali, l’International Space Exploration Coordination Group, ha immediatamente colto la bontà del progetto che si interfacciava perfettamente con una tecnologia già esistente per produrre ossigeno sulla Luna. C’è ancora ampio spazio nella ricerca e nell’innovazione, ma l’Europa su questo non investe quanto sarebbe opportuno.”

E l’Italia?

“Mi limito a dirle quello che facciamo noi. Con poco meno di 500 mila euro ottenuti dalla Comunità europea siamo riusciti a realizzare due brevetti internazionali e due brevetti italiani. Ora sto cercando di ottenere una decina di milioni in tre anni per realizzare i dimostratori terrestri delle tecnologie sviluppate e sviluppare le apparecchiature da sistemare sui lander da lanciare nei prossimi cinque o sei anni. Nonostante l’Agenzia spaziale italiana sia felice degli obiettivi che abbiamo raggiunto, e nonostante l’interesse mostrato dal ministero della Difesa, ottenere questi soldi è un’impresa difficile.”

Forse perché non è semplice capire quali ripercussioni possano avere queste tecnologie nella vita di tutti i giorni.

“Per far capire al grande pubblico il valore di questi investimenti basta ricordare che esistono tante applicazioni sulla Terra di tecnologie nate per l’esplorazione dello Dpazio: dalle tute ignifughe alle pellicole degli occhiali per sciare, fino alle celle a combustibile.”

L’Italia rischia di perdere il treno per Marte?

“Spero di no, voglio essere fiducioso e augurarmi di poter ottenere a breve il riscontro con le autorità che da tempo cerchiamo. Noi abbiamo dato vita al Distretto aerospaziale della Sardegna, un soggetto consortile a responsabilità limitata nato nell’ottobre 2013, che coinvolge le università di Cagliari e Sassari, Sardegna ricerche, l’Istituto nazionale di astrofisica, il Cnr, il Crs-4 e diversi soggetti privati che potrebbero contribuire alla realizzazione dei dimostratori terrestri necessarie per portare avanti il progetto Cosmic.”

(FONTE: http://www.wired.it/scienza/spazio/2014/02/11/scienziati-sardi-viaggio-marte/)

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