La ricetta di un altro piatto tradizionale della Sardegna. Oggi scopriamo insieme come preparare la celebre fainè, piatto tipico soprattutto della zona di Sassari.
Gli storici ipotizzano che il piatto della fainè sia arrivato in Sardegna coi Genovesi sul finire del 1200, che la ereditarono dai soldati romani. Ecco alcuni cenni tratti dal sito Taccuini Storici:
I rapporti tra Sassari e Genova risalgono al lontano Medioevo, secondo una leggenda, le prime tracce di fainè si possono far risalire ai tempi della battaglia della Meloria (1284), quando i liguri sconfissero i pisani. Nel successivo trattato del 1294, onde favorire il sopravvento dei prodotti liguri si mirava a contenere le produzioni agricole sassaresi e si può ipotizzare che faccia la sua comparsa, in Sardegna, anche questa sostanziosa polenta di ceci.
A Genova ed in tutta la Liguria, con la farina di ceci, ottenuta dalla macinazione dei legumi secchi, viene preparata la “fainà”. La fainè sassarese è una farinata preparata con farina di ceci, diluita in acqua, lasciata riposare per diverse ore; con l’olio si unge una teglia, si mescola e si cuoce in forno. La tecnica di preparazione è semplice tanto da somigliare alla preparazione delle polente del mondo antico. Già l´uomo preistorico si alimentava di cereali macinati grossolanamente tra due pietre, impastati con acqua bollente e cotti su pietre roventi. Pratica nota ai babilonesi, assiri ed egiziani. In tutto il mondo classico continua ad essere un alimento molto comune la polenta di cereali, chiamata puls ed ottenuta con orzo, farro, fave, ceci e lenticchie. I ricettari medievali sia europei che arabi parlano di polente a base di avena, orzo, miglio, ceci e grano saraceno, preparate in modo semplice, condite con olio, senza aggiunta di spezie. Un autore anonimo del XIV secolo lascia questa ricetta su come cucinare i ceci: “Prendi ceci rotti, metti a cuocere con olio, sale e piselli battuti e stemperati nel mortaio; e messovi spezie e zafferano dà a mangiare”. Nel Rinascimento il naturalista Durante raccomandava di prepararli “tenendoli una notte a mollo e cuocendoli insieme a rosmarino, salvia, aglio, radice di prezzemolo”.
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INGREDIENTI
- 400 gr. di farina di ceci
- 1,3 litri di acqua
- 1 bicchiere di olio extravergine di oliva
- Sale
- Pepe
PREPARAZIONE
Circa 4 ore prima di cucinare la fainè, occorre preparare la pastella. In una ciotola versare la farina di ceci e mescolare energicamente con un cucchiaio di legno (va bene anche una frusta da cucina), facciamo in modo che non si formino grumi. Aggiungere pian piano l’acqua fredda, condire con un pizzico di sale, quindi continuare a mescolare. Quando il composto è pronto, coprire la ciotola un telo e lasciare riposare la pastella al fresco per circa 4 ore.
Trascorso questo tempo, 15 minuti prima della cottura, accendere il forno a 250° di temperatura. Ungere bene una teglia (bassa e rotonda) con olio extravergine di oliva. Prendere la pastella ed eliminare con un mestolo l’eventuale schiuma formatasi sulla sua superficie, dopodiché versare la pastella nella teglia in maniera regolare di modo che si sparga bene, versare un po’ di olio extravergine anche sopra il composto, aggiungere in superficie anche una spolverata di pepe nero. Molti a questo punto la condiscono anche con della cipolla tagliata a filetti. Ora siamo pronti per infornare: cuocere per circa 20 minuti. Passato questo tempo, accendere il grill del forno e continuare a cuocere per altri 10 minuti, fino a quando sulla superficie si forma una crosticina dorata con zone di colore più scuro. La fainè è pronta, potete tagliarla e servirla.
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LA FAINÈ (poesia in dialetto Sassarese di Tino Grindi)
L’abbrusgienti caldha o fainè
da li tempi di Pemperempè
piazia a tutti li sassaresi,
porthuturresi, sussinchi e sinnaresi.Baciccia lu genobesu ha ischuminzaddu
e Mario ancora megliu cand’ha imparaddu.Sempri in via Usai è giuntu Valentinu,
ischuminzaba a infurrà a Santu Marthinu
candu s’ippuntaba lu primu vinu,
era bona primamenti bibendi vermentinu.Cu la ziodda era una duzzura,
cun sasthizza fazia megliu figura,
la punta secca era licchitta
e faziani tutti a furadura.Si vindia puru i la carrera
cun un triciclu da manzanu a sera:
sobra una teglia cuvaccadda
e sottu un brasgeri sempr’azzesu.Lu più famosu amburanti
era Sacconi lu baibanti,
fazia li fetti umbè minoreddi
e li pizzinni sempr’offesi, corareddi.Un’althru bonu era Zizzu Pira
da eddu tutti faziani la fira,
sempri fabiddendi che matracca
e punendi li dinà in busciacca.Ancora reggi un forru in via Usai,
la fainè è sempri bona e no mori mai
li padroni si ciammani Sassu,
ma candu t’arreggani lu contu
ti fara un collassu…!