Non capiremo mai cosa spinge un essere umano ad arrivare ad un gesto così estremo. Quello che sicuramente capiamo è che se questi uomini sono arrivati fino a questo punto la colpa è delle istituzioni, di chi governa e siede al sicuro nella sua poltrona, lontano dalla realtà e dalla crisi. Queste vittime sono sulla coscienza dei politici che continuano a non fare nulla per chi soffre, per coloro che sono schiacciati dai debiti e dalla tasse, ignorano chi è senza un lavoro da mesi e anni, chi un lavoro non l’ha nemmeno mai visto. Le aziende chiudono, imprenditori e operai si ammazzano. Gli “strozzini di Stato”, senza pietà alcuna, come avvoltoi pronti ad azzannare, volano su quel che resta delle imprese sarde (ma non solo).
Dopo un mese e mezzo dalla elezioni l’Italia in ginocchio è ancora senza un governo, la Penisola muore lentamente mentre a Roma sgomitano per occupare scranni e poltrone. In Sardegna va ancora peggio: il problema più grave sembra essere quello di riuscire a trovare uno stadio dove far giocare il Cagliari. Così i giovani scappano via, alla ricerca almeno di una speranza che qui non hanno. Chi resta è sempre più isolato, come tutta l’Isola. Chi cerca di lavorare o dare lavoro viene azzoppato dalle tasse e dalla famigerata Equitalia. Mentre i nostri pseudo-politici già si danno battaglia a colpi di slogan in vista delle prossime regionali. I trasporti (marittimi, aerei, interni) sono sempre peggio, la continuità territoriale non esiste. La disoccupazione è alle stelle. L’agricoltura muore lentamente e in silenzio. Le (poche) fabbriche chiudono e mandano a casa gli operai. Il turismo ormai non ci salva più. Mentre l’unica cosa che potrebbe salvarci, la Zona Franca integrale, appare sempre più solo un’utopia.
Davanti a tutto questo il gesto di Carlo, Gonario e Alberto arriviamo a capirlo un po’ di più.
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